“Gli allevatori – afferma Troisi – non denunciano più i danni da lupo. Per più di un motivo. Ci vogliono anni per ottenere rimborsi nell’ordine del 40-50% del costo dell’animale e la procedura è complicatissima. Il danno va denunciato al Corpo Forestale o ai Carabinieri che, accertatolo, dovrebbero inoltrare la denuncia alla Provincia o all’Ente Parco se in area protetta. Prima, però, un tecnico dovrà fare un sopralluogo e verificare se sia o meno un danno da fauna. Se si tratta di un cane il danno dovrebbe essere pagato dalla Provincia, anche nella zona Parco. Se è un cane randagio dovrebbe risarcirlo il Settore Veterinario. Se è un lupo, nel frattempo, l’allevatore è costretto a pagare di tasca propria lo smaltimento della carcassa, accollandosi i costi della ditta specializzata con l’aggravio del costo del recupero dell’animale, di solito in luoghi difficilissimi da raggiungere. Chiaramente l’allevatore rinuncia in partenza”. E infatti il Parco dei Picentini ha moltissime denunce di danno da cinghiale, ma da lupo nessuna. Anche Daniela Lombardo, dirigente del Settore Caccia e Pesca della Regione, asserisce di liquidare ogni anno diverse centinaia di migliaia di euro per i danni da cinghiale, ma, da almeno tre anni, non ci sono richieste per danni da lupo. C’è, è vero, una bozza di semplificazione della procedura, ma è in attesa che l’VIII Commissione si riunisca per deliberare. I tempi sono lunghi. In montagna, però, la lotta prosegue.
“Chi porta gli animali al pascolo sull’appennino campano – sottolinea Troisi – vive un ambiente difficile, non antropizzato, impervio. Si tratta di persone isolate, la cui cultura atavica – se abbandonati dalle istituzioni – li porta a combattere contro una natura percepita come ostile. Se il lupo viene abbattuto durante una battuta di caccia il danno è semplice da stimare. I pastori, però, sanno che i lupi tornano più volte a cibarsi dell’animale, iniziando dagli intestini, e avvelenano la carcassa con la stricnina, o l’arsenico. Si crea un vero e proprio vuoto zoologico visto che si ciberanno dell’animale faine, volpi, corvi, ma anche necrofori occasionali come poiane, gheppi, barbagianni. Il residuo tossico entra nella catena alimentare e finché non si diluirà sarà un pericolo per tutti gli animali. Scoprire e recuperare queste carcasse nelle impenetrabili foreste dell’Accellica e del Polveracchio è difficilissimo.” La Misura 216 del Piano di Sviluppo Regionale all’Azione E prevede un rimborso al 100% per la costruzione di recinzioni per danni da fauna. Si riaprirà fra un mese (n.d.r. l’articolo è di aprile) e, a detta del Responsabile D’Antonio, avrà una copertura totale di circa 250.000 euro.
“Le reti acciaiose per i ricoveri e l’utilizzo di pastori abruzzesi invece dei meticci possono fare molto – conclude Troisi – manca, però, la pianificazione territoriale. Prima di assegnare i fondi bisogna analizzare le problematiche e programmare sulla base delle esigenze rilevate. Se non vengono denunciati danni da lupi non significa che non ve ne siano. Gli operatori di settore non trasferiscono queste esigenze a livello regionale. Gli organi competenti – Provincia, Regione, Parco – devono aprirsi, incontrarsi, rimuovere le difficoltà burocratiche e promuovere una informazione carente sotto molti punti di vista. I nostri pascoli sono strutture ambientali prioritarie, essenziali per il mantenimento della biodiversità. Devono essere salvaguardati!”
Autore Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino, 20 aprile 2011