Il cane pastore ci guarda – disse la Pecora nera – e noi continuiamo a brucare, non sappiamo nemmeno se l’erba è buona”.
“Alcune, mi dice una sorella che veniva dalle terre alte, quelle dei lupi, hanno pastori che le stanno portando a pascere sui campi avvelenati.
“Nessun pastore – intervenne il capro espiatorio – vuole portare le pecore sui campi avvelenati, ma se dai campi esce quella cosa nera che puzza, o nell’aria si diffonde quella polvere sottile che brucia occhi e intestino. Ecco allora, io, credo noi dovremmo ribellarci”.
“Cugino – disse la Pecora nera – io ho capito da tempo che l’unica rivolta è il salto, l’evoluzione”
“Non basta – disse la capra – l’uomo non ci lascerà libere, corre veloce e i suoi cani sono addestrati”
L’agnello sacrificale, che si trovava a passare di lì – oramai era quasi pasqua e già si stava formando una sua coscienza sociale – intervenne.
“Qui nel gregge vi ascoltiamo spesso, è vero, il pastore presto mi prenderà e io andrò a finire nella pancia di qualche bambino, magari è questo il mio destino, mi sta anche bene. Però non credo che gli uomini siano così cattivi come dite, non possono avvelenarci, noi ci offriamo in sacrificio per loro, io, come i miei fratelli, non griderò nemmeno”.
Il capro espiatorio sbuffò, la Pecora nera stava per aprire bocca quando, immediatamente si girò verso i fratelli e le sorelle. Il cane pastore era vecchio e oramai non riusciva più a fare il suo mestiere.
“Al lupo, al lupo! Corri agnellino, corri cugino, tu che sei più libero di noi, salta più forte, corri, i lupi stanno arrivando di nuovo”.
In quel mentre una lupa grigia corse veloce attraverso il gregge, aveva la schiuma alla bocca e rantolava. Le pecore si scostarono e lei atterrò al centro del gregge, mentre il cane pastore abbaiava forte e il pastore arrivava.
“T’ho preso maledetta, l’hai mangiato il veleno nella carcassa!”. Le pecore continuarono a brucare in silenzio, il pastore diede un calcio al cane, per non farlo avvicinare all’animale che aveva mangiato la stricnina.
Il capro espiatorio, più curioso degli altri, si avvicinò e senti un odore dolciastro. “Questo ha mangiato le pecore che avevano straziato i cani randagi”.
Si alzò la voce del falco: “Capro mio, siamo tutti fratelli e siamo oramai nelle mani dell’uomo, dobbiamo solo scappare nelle terre alte, nelle terre dei lupi, dove non ci sono strade, solo lì saremo in salvo, venite, salite verso le cime, ma attenti, perché anche la regina aquila è in pericolo, l’uomo non ci vuole più bene, né ci rispetta, pur mangiandoci, come una volta”.
La Pecora nera e il Capro Espiatorio guardarono l’agnello sacrificale scappare via alla vista del falco e capirono che pochi sarebbero arrivati alle terre alte, molti sarebbero stati mangiati dai lupi e che il falco, in ogni caso, aveva detto l’unica verità. Per quel giorno andò così e altri ancora ne vennero.
“Alcune, mi dice una sorella che veniva dalle terre alte, quelle dei lupi, hanno pastori che le stanno portando a pascere sui campi avvelenati.
“Nessun pastore – intervenne il capro espiatorio – vuole portare le pecore sui campi avvelenati, ma se dai campi esce quella cosa nera che puzza, o nell’aria si diffonde quella polvere sottile che brucia occhi e intestino. Ecco allora, io, credo noi dovremmo ribellarci”.
“Cugino – disse la Pecora nera – io ho capito da tempo che l’unica rivolta è il salto, l’evoluzione”
“Non basta – disse la capra – l’uomo non ci lascerà libere, corre veloce e i suoi cani sono addestrati”
L’agnello sacrificale, che si trovava a passare di lì – oramai era quasi pasqua e già si stava formando una sua coscienza sociale – intervenne.
“Qui nel gregge vi ascoltiamo spesso, è vero, il pastore presto mi prenderà e io andrò a finire nella pancia di qualche bambino, magari è questo il mio destino, mi sta anche bene. Però non credo che gli uomini siano così cattivi come dite, non possono avvelenarci, noi ci offriamo in sacrificio per loro, io, come i miei fratelli, non griderò nemmeno”.
Il capro espiatorio sbuffò, la Pecora nera stava per aprire bocca quando, immediatamente si girò verso i fratelli e le sorelle. Il cane pastore era vecchio e oramai non riusciva più a fare il suo mestiere.
“Al lupo, al lupo! Corri agnellino, corri cugino, tu che sei più libero di noi, salta più forte, corri, i lupi stanno arrivando di nuovo”.
In quel mentre una lupa grigia corse veloce attraverso il gregge, aveva la schiuma alla bocca e rantolava. Le pecore si scostarono e lei atterrò al centro del gregge, mentre il cane pastore abbaiava forte e il pastore arrivava.
“T’ho preso maledetta, l’hai mangiato il veleno nella carcassa!”. Le pecore continuarono a brucare in silenzio, il pastore diede un calcio al cane, per non farlo avvicinare all’animale che aveva mangiato la stricnina.
Il capro espiatorio, più curioso degli altri, si avvicinò e senti un odore dolciastro. “Questo ha mangiato le pecore che avevano straziato i cani randagi”.
Si alzò la voce del falco: “Capro mio, siamo tutti fratelli e siamo oramai nelle mani dell’uomo, dobbiamo solo scappare nelle terre alte, nelle terre dei lupi, dove non ci sono strade, solo lì saremo in salvo, venite, salite verso le cime, ma attenti, perché anche la regina aquila è in pericolo, l’uomo non ci vuole più bene, né ci rispetta, pur mangiandoci, come una volta”.
La Pecora nera e il Capro Espiatorio guardarono l’agnello sacrificale scappare via alla vista del falco e capirono che pochi sarebbero arrivati alle terre alte, molti sarebbero stati mangiati dai lupi e che il falco, in ogni caso, aveva detto l’unica verità. Per quel giorno andò così e altri ancora ne vennero.
La rivolta delle pecore. Autore Virginiano Spiniello.
La prima favola dal titolo “la rivolta delle pecore” è stata pubblicata sul Settimanale Il Ponte nel 2011, con diritti riservati Associazione Culturale Giovanni Spiniello, poi trasferiti come copyright all’associazione L’Albero Vagabondo, i testi sono di Virginiano Spiniello, le illustrazioni di Giovanni Spiniello, le foto dell’Albero Vagabondo
Se religiosa non credo, sono ateo! L’rpinia è una bellezza tutta da scoprire senz’altro da rimediare comunque da preservare con il coraggio del lupus hirpinus quando aveva fame!
Nino sei un inguaribile ottimista, ce ne fossero di giovani come te! Grazie!