Viveva in una nazione ricca di acqua, di terra e di sole un re vanitoso e arrogante a cui piaceva molto sembrare elegante e alla moda, ma che non era capace, come del resto i suoi predecessori, di governare quella nazione così verde e ricca, troppo preso a saccheggiarla insieme ai suoi cortigiani. Un giorno alcuni venditori di fumo, avendo saputo come era facile approfittarsi di quella terra utilizzando i punti deboli dei suoi governanti, ritennero giunto il loro turno e si presentarono dal re annunciando di avere un nuovo vestito meraviglioso, fatto di un tessuto coloratissimo, con sfumature d’oro e d’argento, di platino e di smeraldo che profumava di successo. «Il vestito ha una sua magia» dissero i venditori al re prima di mostrarglielo «infatti solo i ribelli e gli uomini liberi non riescono a vederlo. Quindi, o mio re, avrai un ulteriore vantaggio scoprendo chi potrà non esserti fedele». Ora il re, che rispondeva del suo operato ad altri re del nord più potenti di lui e ai loro finanziatori, aveva l’assoluto terrore di apparire un uomo libero. Ancora di più avevano paura di lui i suoi cortigiani, che vivevano alle sue spalle e, per ultimo, non aveva nessun interesse a essere accusato di libertà il popolo bue, il cui principale timore era quello di non uniformarsi al pensiero comune dettato dal re e dalla sua corte. Quindi, quando i venditori di fumo si presero gli ultimi pezzi di terra ancora buoni in cambio di un vestito che non c’era, lodarono sperticatamente un tessuto che non esisteva, che non profumava di successo e soprattutto che non rifulgeva d’oro, d’argento, di platino e smeraldi. Il re, spogliatosi nel suo camerino, indossò il suo vestito invisibile a tutti e, seguendo il consiglio dei venditori di fumo, al fine di scoprire chi dei suoi sudditi fosse un ribelle, sfilò al centro del paese. Il re attraversò le vie della città indossando solo una corona, di fronte a una folla di cittadini plaudenti e i venditori di fumo, dietro, sogghignanti, a reggere un immaginario mantello. Ad un certo punto, però, si sentì un grido provenire dalla folla: « Il re è nudo! E’ nudo, nudo!» Era un bambinetto con le mani alzate, sporche del colore della sua gioia, che si avvicinava lentamente al suo re e intanto continuava a gridare, mentre il silenzio calava e i venditori di fumo lasciavano cadere l’immaginario mantello e alzavano le mani al cielo, terrorizzati dallo sguardo umiliato e rabbioso di alcuni cittadini e dall’imbarazzo del re e dei cortigiani.
Nota bene
“Il re è nudo” è una frase che si usa con lo scopo di denunciare una situazione in cui la maggioranza sceglie volontariamente di non denunciare un fatto noto a tutti, fingendo di non vederlo. Nel caso dell’Italia ben si presta alle drammatiche condizioni ambientali in cui versa la nostra nazione e l’appennino meridionale e il sud in particolare, colonia energetica – tra petrolio, sfruttamento e inquinamento delle sorgenti, speculazione energetica, rifiuti industriali smaltiti illecitamente – di cortigiani spudorati, di re nudi e di cittadini il cui principale peccato è dichiararsi liberi.
La prima favola “La rivolta delle pecore” è stata pubblicata su cartaceo su Il ponte news il 2 novembre 2011, riservando all’Associazione che si occupa de L’Albero Vagabondo tutti i diritti di Copyright sul nome “La rivolta delle pecore”.