Le criticità ambientali della media valle del Sabato non sono relative solo al caso Isochimica e si inseriscono in un contesto più complesso. L’Associazione «Ambiente e Salute» di Arcella dal 2006, sulla base di evidenze scientifiche, sottolinea le criticità ambientali di questo territorio.
«Ci sono studi di questi ultimi anni sulle matrici ambientali, aria, acqua e suolo – afferma l’ingegnere Salvatore Picariello, presidente – che attestano un inquinamento diffuso. Nel 2005, dopo l’incendio della IRM di Manocalzati, uno studio dell’ARPAC attestava, ad esempio, che la presenza di PCB nei suoli e di polveri sottili e ossidi di azoto in aria era ben oltre la soglia consentita. Nel 2007 uno studio successivo confermava i risultati precedenti e nel 2010, su iniziativa dell’associazione, congiuntamente con il CNR e finanziato dalla Provincia, uno studio sul trasporto e la diffusione degli inquinanti emessi dal nucleo industriale di Pianodardine provava come per la Valle le criticità siano rappresentate da ossidi di azoto, polveri sottili e ozono. Emerge, quindi, la necessità di monitorare con continuità il territorio. Il comune di Pratola Serra, in accordo con l’ASI, aveva organizzato un incontro per oggi, per il momento rimandato, nel quale insieme ai comuni della Valle avremmo discusso di come affrontare nel rispetto del lavoro le problematiche ambientali riscontrate. Nell’incontro avremmo presentato un dettagliato Piano di Monitoraggio Ambientale – redatto dalla Tecno Bios di Benevento in collaborazione con l’Associazione – che parte dalla sintesi degli studi e delle criticità rilevate e vuole quantificare definitivamente le problematiche ambientali reali. Fino adesso gli studi sono stati mirati, centrati su un problema e limitati nel tempo, invece il PMA è esteso a tutte le matrici ambientali, strutturato in funzione delle criticità emerse e prevede un monitoraggio continuo nell’arco di due anni per fornire dati che si avvicinano alla situazione reale».
«Il nostro – interviene Armando Galdo, membro dell’associazione – è uno dei pochi nuclei industriali di Italia che non viene monitorato e le aziende convivono con abitazioni civili, attività agricole a artigianali. Non sono mai state misurate, ad esempio, le emissioni dei camini delle aziende che procedono per autocontrolli, ma se anche tutti emettessero nei limiti, la semplice sommatoria delle emissioni sarebbe oltre la soglia consentita. Già in una relazione del 2005 la Regione Campania sottolineava che Pianodardine e Solofra dovevano essere messi sotto osservazione, eppure qui le centraline di monitoraggio non sono mai state attivate. In quanto medico di base ho potuto constatare l’aumento di patologie tumorali, respiratorie, allergiche e di infertilità che sicuramente si possono correlare a problemi di inquinamento ambientale. Occorre quindi, nonostante i costi, che a fianco del monitoraggio si avvii uno studio epidemiologico. C’è, però, uno studio non ancora terminato – dell’Università Federico II di Napoli e l’ASL di Avellino, finanziato dalla Provincia – che stranamente non è stato finora considerato come base di partenza per eventuali nuove indagini. Ai medici di famiglia che hanno partecipato, me compreso, sono stati richiesti i dati per uno studio caso-controllo dei sarcomi dei tessuti molli e dei linfomi e leucemie dal 1998 al 2007 su circa 50.000 abitanti da via Francesco Tedesco ad Altavilla. Se avessimo questi dati, anche se parziali, avremmo un’idea reale dell’incremento delle patologie tumorali nell’arco di dieci anni. Una base di partenza per tutti i futuri studi epidemiologici».
Da Il Mattino, Redazione di Avellino 20/06/2013, Virginiano Spiniello.
«Ci sono studi di questi ultimi anni sulle matrici ambientali, aria, acqua e suolo – afferma l’ingegnere Salvatore Picariello, presidente – che attestano un inquinamento diffuso. Nel 2005, dopo l’incendio della IRM di Manocalzati, uno studio dell’ARPAC attestava, ad esempio, che la presenza di PCB nei suoli e di polveri sottili e ossidi di azoto in aria era ben oltre la soglia consentita. Nel 2007 uno studio successivo confermava i risultati precedenti e nel 2010, su iniziativa dell’associazione, congiuntamente con il CNR e finanziato dalla Provincia, uno studio sul trasporto e la diffusione degli inquinanti emessi dal nucleo industriale di Pianodardine provava come per la Valle le criticità siano rappresentate da ossidi di azoto, polveri sottili e ozono. Emerge, quindi, la necessità di monitorare con continuità il territorio. Il comune di Pratola Serra, in accordo con l’ASI, aveva organizzato un incontro per oggi, per il momento rimandato, nel quale insieme ai comuni della Valle avremmo discusso di come affrontare nel rispetto del lavoro le problematiche ambientali riscontrate. Nell’incontro avremmo presentato un dettagliato Piano di Monitoraggio Ambientale – redatto dalla Tecno Bios di Benevento in collaborazione con l’Associazione – che parte dalla sintesi degli studi e delle criticità rilevate e vuole quantificare definitivamente le problematiche ambientali reali. Fino adesso gli studi sono stati mirati, centrati su un problema e limitati nel tempo, invece il PMA è esteso a tutte le matrici ambientali, strutturato in funzione delle criticità emerse e prevede un monitoraggio continuo nell’arco di due anni per fornire dati che si avvicinano alla situazione reale».
«Il nostro – interviene Armando Galdo, membro dell’associazione – è uno dei pochi nuclei industriali di Italia che non viene monitorato e le aziende convivono con abitazioni civili, attività agricole a artigianali. Non sono mai state misurate, ad esempio, le emissioni dei camini delle aziende che procedono per autocontrolli, ma se anche tutti emettessero nei limiti, la semplice sommatoria delle emissioni sarebbe oltre la soglia consentita. Già in una relazione del 2005 la Regione Campania sottolineava che Pianodardine e Solofra dovevano essere messi sotto osservazione, eppure qui le centraline di monitoraggio non sono mai state attivate. In quanto medico di base ho potuto constatare l’aumento di patologie tumorali, respiratorie, allergiche e di infertilità che sicuramente si possono correlare a problemi di inquinamento ambientale. Occorre quindi, nonostante i costi, che a fianco del monitoraggio si avvii uno studio epidemiologico. C’è, però, uno studio non ancora terminato – dell’Università Federico II di Napoli e l’ASL di Avellino, finanziato dalla Provincia – che stranamente non è stato finora considerato come base di partenza per eventuali nuove indagini. Ai medici di famiglia che hanno partecipato, me compreso, sono stati richiesti i dati per uno studio caso-controllo dei sarcomi dei tessuti molli e dei linfomi e leucemie dal 1998 al 2007 su circa 50.000 abitanti da via Francesco Tedesco ad Altavilla. Se avessimo questi dati, anche se parziali, avremmo un’idea reale dell’incremento delle patologie tumorali nell’arco di dieci anni. Una base di partenza per tutti i futuri studi epidemiologici».
Da Il Mattino, Redazione di Avellino 20/06/2013, Virginiano Spiniello.