I rischi delle estrazioni petrolifere in Alta Irpinia

Il recente Piano Energetico Nazionale prevede il raddoppio della produzione nazionale di idrocarburi e l’Irpinia rientra nei territori appetibili per le società di esplorazione. Cosa ne pensano i Comuni e quali sono i rischi secondo gli esperti? Tra i sindaci interessati Carmine Petruzzi di Gesualdo – dove è previsto il primo pozzo esplorativo – lamentando la scarsa informazione, dichiara la sua contrarietà sostenendo che, aspettando le decisioni della Regione, se ne discuterà nel prossimo consiglio comunale. «Dopo il convegno di giugno – afferma il sindaco di Nusco, De Mita – nel quale sono stati evidenziati i rischi idrogeologici, sismici e oncologici ho riconsiderato la mia posizione inizialmente favorevole.
Ci sono grandi rischi, ma può essere anche una risorsa che potremmo poi rimpiangere, per questo motivo, dopo una fase informativa e un nuovo convegno entro fine anno, in parallelo con il Comitato no Petrolio, ritengo si debba avviare una consultazione referendaria per capire cosa ne pensa la popolazione. Bisogna informare ma anche creare un nucleo organizzato di sindaci che si relazioni con chi verrà sul territorio perché andando in ordine sparso si ripeteranno gli errori dell’industrializzazione. Questo territorio non può essere colonizzato e poi di nuovo abbandonato». C’è poi il no totale e secco di Bagnoli Irpino. «Non è una strada praticabile – sostiene il sindaco Chieffo – per i rischi ambientali e innanzitutto per la vocazione del territorio. Noi siamo impegnati su questioni come il cinipide galligeno, la perdita delle risorse dell’acqua, il tartufo. Siamo per l’economia della montagna e guardando alla Val d’Agri sembra che le estrazioni petrolifere non siano un’esperienza economicamente vantaggiosa, ma una vera e propria diminutio». Venendo ai rischi Franco Ortolani, ordinario di Gelologia alla Federico II di Napoli concorda sul probabile impatto su attività agricole di pregio e i bacini idrografici, «ma il rischio maggiore – sottolinea Ortolani – sono le faglie sismogenetiche attive. Africa e Europa convergono fornendo una carica tettonica al sottosuolo e quando si superano certi valori di attrito le faglie si muovono e danno origine ai terremoti. Eppure le valutazioni ambientali delle attività petrolifere non tengono affatto conto dello stato della tettonica attiva. Non si sa dove sono esattamente le faglie attive, né si conosce la loro morfologia, né gli effetti sulla delicatezza degli equilibri delle faglie dei fluidi iniettati per favorire l’estrazione degli idrocarburi. Come fai a dire che non c’è interferenza con la sismicità se non sai dove sono le faglie attive? La legge italiana deve essere modificata in tal senso e bisogna bloccare le perforazioni in queste aree. A Gesualdo l’ultimo terremoto è del 1730 quindi si suppone ci sia parecchia energia accumulata. Se ci fosse un terremoto la rottura dei tubi provocherebbe dispersione di idrocarburi con incidenti anche di notevole importanza. Nell’area vi sono faglie che mettono in connessione il profondo della crosta con la superficie perché ci sono risalite di fluidi utilizzati anche per scopi terapeutici, come le terme a Villamaina, ma anche la Mefite. Iniettare dei liquidi può favorire lo scorrimento delle faglie e la dispersione di idrocarburi nei fluidi che risalgono in superficie causandone l’inquinamento». «Probabilmente il petrolio sarà lo stesso della Val d’Agri – afferma infine Antonio Marfella, oncologo del Pascale e responsabile regionale ISDE, associazione internazionale medici per l’ambiente – e visto che nasce da una piattaforma tettonicamente ballerina e vulcanica sarà pieno di residui solforosi. L’H2S (idrogeno solforoso) non è cancerogeno come gli idrocarburi, ma la dispersione di residui solforosi mette a rischio la qualità dell’aria e incide sul sistema respiratorio delle persone nonché sul patrimonio zootecnico e agroalimentare, come è accaduto in Val d’Agri. Poiché il petrolio non può essere immediatamente portato in condutture e raffinato bisognerà costruire impianti di raffinazione che sono impianti insalubri di classe prima per l’alta concentrazione di materiale solforoso e petrolifero che è cancerogeno. L’impatto degli impianti di raffineria è evidente e la casistica degli incidenti verificatisi è nota. Non ci possiamo permettere una dispersione di idrocarburi negli acquiferi – vedi il caso del lago Pertusillo in Basilicata – visto che l’Irpinia fornisce acqua a milioni di persone in Campania e Puglia».

Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 12/11/2012

Progetto Nusco OronerOroblu – Documentario a cura di Virginiano Spiniello su Tesori d’Irpinia

Scheda generale e dichiarazioni Comitato No Petrolio

Amato della Vecchia
Il 19 settembre l’Italmin exploration e la Compagnia Generale Idrocarburi – che ha rilevato a giugno l’80% delle quote del permesso di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi Nusco – hanno presentato alla Regione Campania lo studio di impatto ambientale per la realizzazione del pozzo esplorativo Gesualdo 1. Entro il 19 novembre scade il termine per le osservazioni e se la verifica ambientale sarà superata si trivellerà fino a 2000 metri per capire se l’Alta Irpinia potrebbe essere la nuova Val d’Agri. Il progetto di ricerca di idrocarburi denominato Nusco riguarda un’area di 698,5 kmq e interessa 45 Comuni in Alta Irpinia, Valle Ufita e Calaggio e un comune, Apice, nel Beneventano. L’iter burocratico per la concessione del permesso è iniziato nel 2002 con l’istanza presentata dall’Italmin Exploration che ha ricevuto nel 2003 il parere favorevole dal Comitato tecnico per gli idrocarburi e la geotermia. Nel 2006 la società presenta la valutazione di impatto ambientale al Settore Tutela Ambiente della Regione Campania. Il 13 ottobre 2008 la Regione Campania dà parere favorevole di compatibilità ambientale per le analisi delle linee sismiche mentre per eventuali esplorazioni rimanda a successive valutazioni ambientali. Il giorno dopo, il 14 ottobre, si tiene la seconda conferenza dei Servizi – la prima, nel 2007, riguardava le Province e la Regione – alla quale vengono invitati la Soprintendenza Archeologica e i Comuni interessati. Sono presenti solo i Comuni di Carife, Cassano Irpino, CastelBaronia, Castelvetere, Nusco, San Mango, Vallata che richiedono di essere informati “circa la realizzazione delle opere e delle infrastrutture di ricerca” ma non presentano eccezioni. Solo il Comune di Luogosano delibera «ritenendo opportuno non concedere l’autorizzazione per salvaguardare l’integrità del territorio coltivato prevalentemente a vigneti e oliveti» ed ottiene nel 2009 ai sensi della legge 241/90 l’esclusione dall’area di ricerca. Il 9 aprile 2010 viene convocata una terza conferenza dei servizi che va deserta e il 21 ottobre 2010 viene conferito dal Ministero il permesso di ricerca Nusco per un periodo di sei anni; inizialmente per un’estensione di kmq 69,85, successivamente, il 25 febbraio 2011, ampliata fino a 698,5 kmq. La notizia non filtra fino a giugno 2012 – quindi oltre i termini concessi per eventuali ricorsi – quando, allertato dal Comitato nel Vallo di Diano, si forma il Comitato No Petrolio in Alta Irpinia a Nusco che si attiva per realizzare attività informative sul territorio. Il 30 giugno c’è un primo convegno a Nusco. Durante l’estate i comuni interessati vengono invitati ad aderire al Comitato, ma solo Bagnoli Irpino, che fa parte dell’Associazione nazionale Comuni Virtuosi, delibera in favore. Il 29 settembre viene organizzato sempre a Nusco, con la partecipazione dell’amministrazione comunale, un secondo convegno ristretto ai sindaci e in questa sede, come riporta Amato della Vecchia del Comitato No Petrolio «erano presenti rappresentanti di quindici comuni che hanno preso l’impegno di informarsi, non di andare contro il petrolio, visto che molti di loro non erano nemmeno al corrente della situazione. Attualmente – continua Della Vecchia – stiamo preparando le osservazioni da presentare in Regione e pensiamo di informare insieme alle istituzioni anche le attività economiche presenti sul territorio visto che riteniamo incompatibili le attività agroalimentari di eccellenza – castagne dop, tartufo, vini docg, oliveti – con l’estrazione petrolifera. Oltre ai rischi sismici conclamati, ricordiamo che l’area è caratterizzata dalla presenza del bacino idrografico più esteso del meridione, è percorsa dai fiumi Ofanto, Calore, Ufita e la sua alta valenza naturalistica è testimoniata da siti di interesse comunitario e zone di protezione speciale».
Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 12/11/2012

Intervista Gino Cortellazzi, società esploratrice

Nella attuale fase di ricerca i rischi ambientali sono minimi o inesistenti, ma nella eventuale fase estrattiva e di lavorazione gli esperti parlano di criticità relative ad emissioni nocive e faglie sismiche. E’ necessario, quindi, per una maggiore completezza, confrontarsi con la società che si occupa del pozzo di esplorazione Gesualdo 1. «Siamo in una fase esplorativa – afferma Gino Cortellazzi, procuratore della Compagnia Generale Idrocarburi che detiene l’80% del Permesso di Ricerca – speriamo che il petrolio ci sia, ma non c’è niente di certo. Vedremo. Finora l’indagine sismica, non invasiva, acquisita sulla base dei dati del Ministero e delle altre compagnie che hanno lavorato sul territorio negli anni ’60, ha indicato nell’area di Gesualdo una possibilità di ritrovamento di idrocarburi. Certo, si può rinvenire idrogeno solforato (H2S) e in base al programma di produzione può essere trattato dove c’è l’estrazione o in un altro luogo di destinazione, ma con un aggravio dei costi. Durante le nostre fasi di produzione rischi di sversamento non ce ne sono, salvo incidenti. L’impianto di trattamento raccoglie l’olio di più pozzi ed è qui il maggior rischio per la dispersione di idrocarburi dato che si utilizzeranno probabilmente camion che gireranno su strada, considerando che nell’area non ci sono né strutture di produzione, né pipeline. Ma voglio sottolineare che l’industria estrattiva è oggi una delle pochissime attività industriali che limita il più possibile i danni ambientali, rispettando tutte le regole e limitando le emissioni al minimo impatto possibile. Gli inceneritori bruciano i gas esausti e non abbiamo emissioni in atmosfera se non CO2. L’H2S è un gas velenosissimo, anche letale ma è solo una questione di quantità e concentrazione nell’ambiente. A Pozzuoli lo si sente in continuazione, ed in piccole quantità, nelle solfatare, viene anche utilizzato nelle cure della pelle». «All’interno di un sistema permeabile – continua Cortellazzi, riferendosi alle altre questioni citate – il fluido si muove più o meno liberamente in un sistema poroso che è la roccia contenente l’olio. Se portiamo via un mq di roccia e lo rimpiazziamo con un mq di fluido è solo uno spostamento che ci permette di sfruttare al massimo il recupero del petrolio, la pressione rimane inalterata, il problema non sussiste. Le formazioni presenti, i calcari dell’Apula, sono molto robuste e non avranno degli scombussolamenti. Inoltre non sono previste operazioni di fratturazione che consistono nel pompare fluidi ad una portata tale da spaccare la roccia. E per i rischi sismici, a meno che non si faccia il pozzo proprio sopra una faglia i tubi hanno sempre resistito, anche ai terremoti. Possono sorgere dei problemi quando entrano in contatto con il sale che è una formazione plastica nella quale agiscono forze laterali che riescono a schiacciare i tubi, ma non a romperli». Ma quando si saprà se c’è il petrolio? «Se viene approvata la valutazione ambientale da parte della Regione bisogna ricevere dall’Ufficio Nazionale Minerario l’autorizzazione a perforare che in genere è contestuale. In un paio di mesi allestiremo la piattaforma ed inizierà l’esplorazione, dopo circa un mese sapremo se c’è il petrolio». 100 giorni all’incirca allora e si saprà, qualora la valutazione di impatto ambientale sia approvata, se in Irpinia c’è davvero il petrolio.
Virginiano Spiniello, Il Mattino di Avellino 12/11/2012

Documentazione
Valutazione impatto ambientale Gesualdo

Valutazione di incidenza ambientale Progetto Nusco

Per ulteriori informazioni consulta la pagina del Comitato no petrolio in Alta Irpinia

2 pensieri su “I rischi delle estrazioni petrolifere in Alta Irpinia”

  1. Non bisogna fermarsi mai. Il Comitato NO Petrolio ha sempre avuto uno scopo importante fin dall’inizio: “informare i cittadini”. Non è possibile che ancora viene ritenuto il petrolio di importanza strategica senza considerare il contesto territoriale. Il cittadino non può avere la percezione del Texas irpino, perchè non è così: non ha un ruolo nel rilancio dell’economia del meridione, nè nello sviluppo del lavoro, tantomeno nelle tematiche ambientali. E’ facile rilanciare il petrolio in un periodo di crisi, tutti vorrebbero sfruttare questo momento di debolezza culturale ed emotiva. I comitati cittadini hanno un compito gravoso ed è importante che lo svolgano bene.

    Informare è la parola d’ordine. E lo stiamo facendo discretamente bene 😉

    Ciao “Albero”! Un abbraccio 😉

  2. Ciao caro Eduard, io direi che questo momento di riflessione sul petroli odebba servire a farci capire tutt i problemi che ci sono anche senza petrolio: inquinamento dei fiumi, delle falde, deflusso minimo vitale inesistente, prelievi alle sorgenti sconsiderati, depuratori non funzionanti, discariche abusive in montagna e non solo. Spero prima o poi queste divengano battaglie di tutti perchè sono propedeutiche. Grazie.

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