Inizia in un giorno qualunque, uno di quelli che sembrano uguali agli altri, ma in quel giorno qualcosa cambia. Non sappiamo cosa, è come un sasso che rotola su un altro sasso. Il sasso sposta un po’ di terra. E un giorno quella terra cadrà, non frenata più dalle radici dell’albero che la proteggeva dal vento e dalla pioggia. Ecco, quel giorno, le radici si spezzano e inizia la rivolta, la rivolta delle pecore.
«Quando vengono a prenderci la lana, noi gliela doniamo. Quando vengono a toglierci il latte, glielo diamo. Prendono i nostri figli. Noi li lasciamo fare. Prendono anche noi, non torniamo più, li abbiamo sempre lasciati fare. Perché?» Alle parole della pecora nera seguì un lungo silenzio, forse imbarazzato.
«Perché siamo pecore, pecore, lo sai!» una voce squillò, dall’altro lato del pascolo di Monte Toro. La pecora nera, che già conosceva la risposta, continuò. «Proprio così – disse, sorridendo – proprio così. Noi siamo pecore. Ma cosa significa essere pecore? Cosa eravamo, prima, prima di loro? Io me lo sono chiesto per tanto tempo. Noi non vivevamo nei loro ovili, non c’erano i loro cani a guardarci, a morderci, a governarci. Prima, noi eravamo libere.» A quella parola, libertà, le pecore ebbero un fremito, si trattava di una parola tabù. Millenni di convivenza con gli uomini l’avevano estirpata, millenni di condizionamento operante, di educazione e costrizione.«Sì, eravamo libere, io lo so, – continuò la pecora nera – eravamo come i nostri cugini cervi, come i mufloni, gli stambecchi, i camosci. Le nostre sorelle capre ancora conservano un ricordo, di come eravamo, ma si affievolisce, mentre il nostro è scomparso.»
Le pecore di Monte Toro si guardavano confuse tra loro. Ma cosa voleva la pecora nera?
«Sì, ma tu cosa vuoi da noi? Perché vieni qui con i tuoi pensieri a turbare i nostri?» disse un’altra pecora, esprimendo a gran voce l’umore di tutte le altre pecore.
«Io devo condividere i miei pensieri con voi, che siete la mia famiglia. Non posso più tenerli per me, debbo condividerli. E sapevo che vi avrebbero spaventato visto che spaventano anche me. Perché siete pecore, siamo pecore.»
«Sì, ma cos’è la libertà? Tu che ne sai?» disse una grande pecora bianca, vecchia, ma ancora robusta.
«Io? Io posso immaginarla. Quando soffia il vento, vola il falco, e io sono ferma ad ascoltare in un angolo del recinto. Quando ci portano al pascolo d’altura e, per un lungo minuto, intorno a me non vedo né il cane né il pastore. Io, in quel momento, immagino la libertà.» Alcune pecore sembravano ascoltarla, soprattutto i piccoli, quelli che il pastore aveva risparmiato. Loro conoscevano la libertà, perché non conoscevano ancora la vita. «E tu cosa faresti?» disse uno di loro, quello più sveglio. La pecora nera sussultò, in fondo non ci aveva pensato, non aveva ancora un’idea. «Io? Ci devo pensare. Intanto sto pensando a quello che non mi fa sentire libera.»
In quel momento arrivò il cane bianco e iniziò a raggrupparle. La gran parte delle pecore iniziò a spostarsi lungo il recinto e a mettersi in fila. Un agnello, più sveglio degli altri, si arrestò e si prese un bel morso, ma quasi non lo sentì, non ci fece caso. Il giorno dopo, la pecora nera era al pascolo. L’agnello le si avvicinò e prese a brucare la sua erba. La guardava e si meravigliava del colore del mantello, così strano, forse era per questo che aveva pensieri diversi, chissà. La pecora nera non disse niente, lasciò che si avvicinasse e insieme guardarono fuori dal recinto; il vento soffiava, su, in alto, l’aquila lanciava il suo richiamo e nei boschi il grande lupo aspettava scendesse la notte, per iniziare la caccia. Ma loro erano nel recinto e intorno c’erano i cani del pastore. Quella notte l’agnello fu svegliato da un gran guaire e abbaiare. I lupi erano entrati nel recinto. Il pastore non c’era e i cani, da soli, non riuscivano a tenerli fuori e si erano rifugiati nel bosco, spaventati. Solo il grande cane bianco resisteva, ma non ebbe fortuna contro un branco di lupi ben organizzato. Mentre, intorno a sé, i lupi sceglievano le prede, l’agnello prese a correre, si fece forza, e saltò sulla carcassa di una compagna, passando dall’altro lato del recinto. Dietro di lui si accodarono altre pecore, spaventate. La notte era fresca, le foglie degli alberi frusciavano una canzone nuova per l’agnello, ma era una canzone antica. Nel recinto era rimasta anche la pecora nera, che non era riuscita a saltare. Lo salutò con lo sguardo e lui proseguì, di fretta, verso Monte Toro e dietro di lui vennero le altre pecore che avevano saltato.
Su, in alto, un quarto di luna rossa sembrava indicargli di salire piano, con cautela. Non conosceva il bosco, era un animale domestico, doveva procedere lentamente, se voleva salvare sé e le sue pecore. Quelle che erano riuscite a saltare, almeno. Intanto, in alto, un sasso iniziò a rotolare, cadendo su un altro sasso e spostò un po’ di terra, aspettando, in bilico, che altri sassi cadessero
La rivolta delle pecore. Autore Virginiano Spiniello.
NOTA
Prima pubblicazione Settimanale Il Ponte news, 5 novembre 2011. Diritti riservati a Virginiano Spiniello, ex presidente Associazione culturale Giovanni Spiniello e attuale Presidente Associazione culturale L’Albero Vagabondo. In accordo con le Edizioni Il Papavero, dopo aver diffuso gratuitamente on line il progetto a partire dal 2011, è possibile, ancora, continuare a leggere La rivolta delle pecore e Riflessioni di una pecora nera: la tosatura liberamente on line. Questo per diffondere il progetto evolutivo dell’associazione senza scopo di lucro l’Albero vagabondo che si affida anche alla Rivolta delle pecore per continuare a il suo viaggio. Saranno sempre i bimbi ad educare i grandi a rispettare le montagne.
Il Quaderno “La Rivolta delle Pecore. Storie libertarie di animali rivoluzionari” è edito da Edizioni il Papavero
Prefazione di Antonello Petrillo, sociologo e autore di Biopolitica di un rifiiuto.
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Virginiano Spiniello, l’autore, è project manager, giornalista territoriale, blogger, docente precario, professore a contratto di marketing ecologico e comunicazione ambientale presso l’Università Suor Orsola Benincasa, presidente de L’Albero Vagabondo®, www.alberovagabondo.it, cofondatore del Forum Ambientale dell’Appennino, bioagricoltore e armonicista blues. Suo padre, Giovanni Spiniello, incisore, scultore e pittore (Biennale di Venezia 1968, Quadriennale di Roma 1975, Segnalato Bolaffi da Crispolti nel 1978, www.giovannispiniello.it) è l’autore delle illustrazioni. Insieme portano avanti dal 2008 le Feste del Colore dell’Albero Vagabondo©, esperimento di arte nel sociale ed ambientale: i bambini inviano all’Albero favole e disegni e installano tavolette colorate sulle discariche abusive in montagna, per salvare le sorgenti. Qui, sull’Appennino meridionale, è nata l’idea della Rivolta delle Pecore.
Prime tavole realizzate nel 2011 da Giovanni Spiniello
Bellissima fiaba complimenti!
Forse quell’agnello segnerà l’inizio di una nuova era non per tutte le pecore, ma per quelle che hanno un po’ di forza in più, dettata dalla voglia di sentirsi libere.
Questa storia è un invito all’auto-riflessione rivolto a tutte quelle persone che si sentono sottomesse soltanto perché s’illudono di ricambiare quella sottomissione con una finta protezione. Voglia di essere protetti, a volte così sproporzionata, che offusca la possibilità di guardare oltre il proprio naso e di fatto impedisce alla sana esigenza di libertà, di emergere dal profondo di ognuno di noi.
Grazie Bosco. E’ un piacere ricevere i tuoi commenti sul mio sito. Le mie foglie si rallegrano, priam di cadere e vanno via col vento, amorevolmente, lasciandosi cadere sul terreno e dandomi di nuovo l’energia di cui ho bisogno per andare avanti. E’ un vento piacevole, quello del pensiero positivo.
Bellissima questa favola…la trovo interessante come spunto per molteplici riflessioni ..Qui bisognerebbe sedersi in circolo come dice il mio grande amico Prof e …..Mi chiedo spesso se si è pecora per scelta o perchè “costretti”… ???? Io spero in quell’agnellino coraggioso…..Ricordiamoci che già un AGNELLO ci ha salvato una volta…..
Piacevole da leggere , è una bella favola con finale sfumato per ognuno di noi….: un invito alla riflessione e a credere e aspirare ad un mondo diverso.
Veramente complimenti…!!!
Grazie Carlo e scusa per il ritardo nella risposta. La rivolta delle pecore è un koan!