Dalle pendici settentrionali del Monte Cervati, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento, nasce il Calore Lucano. Qui il Lupo e l’Aquila sono ancora il re dei boschi e la regina delle montagne, la lontra ha il suo territorio di caccia, e il vento prova ad insinuarsi nelle grotte, poi discende lungo le forre, spazzola le antiche carcare e soffia tra gli antichi sentieri, una volta calpestati dai briganti. E’ una terra protetta da tante leggi, ma non dall’uomo che, pure, quelle leggi le ha create: Patrimonio Unesco, Riserva di Biosfera, Geoparco mondiale, Sito di Interesse Comunitario, Zona a Protezione Speciale. Riserva integrale, Area Natura 2000. Nonostante tutto, quattro mesi l’anno, il fiume sparisce. I sassi bianchi, disseccati e le rare pozze in cui l’acqua, lentamente, scompare. Tutta quella biodiversità, di cui si mena gran vanto, svanisce insieme all’acqua, costantemente, da trenta anni. Pasquale Di Perna, ingegnere, promotore della Petizione on line e del gruppo Facebook Gole Nord Calore Piaggine, sta diffondendo le immagini spettrali del Calore Lucano in secca e raccogliendo, progressivamente, interesse intorno ad un argomento di fondamentale interesse per il Cilento interno.
Perché il Calore Lucano è in secca?
Da oltre trent’anni il Calore Lucano è in secca durante tutto il periodo estivo, per circa quattro mesi. La sorgente del fiume – oltre 80 litri al secondo – viene captata interamente dal Consorzio Acquedotto Calore Lucano che ne distribuisce, però, circa 46 litri. Non si capisce l’acqua non captata dove vada a finire, visto che hanno anche costruito, di recente, una nuova conduttura. In una zona superprotetta si disattende alle normative ambientali prosciugando le sorgenti con gravi danni all’ecosistema fluviale del Cilento interno.
Con quali conseguenze?
Gli abitanti di Piaggine,Valle dell’Angelo,Campora, Laurino, Magliano Vetere, Felitto e Castel San Lorenzo subiscono non solo un danno ambientale, ma anche economico: il turismo naturalistico è una concreta realtà per il Cilento interno. Sono a rischio le attività stagionali e gli allevatori e agricoltori hanno seri problemi. Inoltre, il fenomeno potrebbe evolversi e diventare un problema sanitario, visto che, a valle di Piaggine, i depuratori non funzionano e, non essendoci acqua in abbondanza per diluire i batteri, c’è il rischio di malattie come la salmonella. L’ecosistema fluviale è fragilissimo e il patrimonio florofaunistico del Parco del Cilento non può essere compromesso. Abbiamo ancora un animale simbolo come la lontra. E’ un bene da tutelare.
Voi cosa proponete?
Si deve studiare bene quale è il deflusso minimo vitale, così come normato nel decreto legislativo 156 del 3 aprile 2006, il Codice dell’Ambiente. Bisogna, cioè, individuare quale è la quantità minima di acqua necessaria alla vita del fiume che non può essere captata e, poi, rilasciarla. Le soluzioni ci sarebbero. Si potrebbe creare un sistema di chiuse piccole, con traverse e piccoli invasi che permetterebbero di gestire la risorsa idrica nei periodi di magra e salvare la vita del fiume. L’altra soluzione è prelevare l’acqua dalla nuova diga dell’Alento che è in grado di alimentare tutto il bacino a valle comprendente Agropoli e i comuni che poi vengono alimentati dal Calore Lucano. La diga è stata realizzata per far fronte alle emergenze idriche su tutta la costa del Cilento, ma è stata utilizzata per un solo giorno l’anno scorso.
Come contate di organizzarvi sul territorio?
L’iniziativa della petizione è partita agli inizi di settembre e, attualmente, stiamo costituendo una libera associazione “Vivalcalore”, non connotata politicamente, che aggregherà tutta la Valle del Calore Lucano ed i territori limitrofi ed avrà un referente per ogni comune. Ci occuperemo del deflusso minimo vitale e di tutta una serie di diritti ambientali violati nelle nostre aree. Dobbiamo salvaguardare una risorsa naturalistica strategica nel cuore dell’incantevole Parco del Cilento. E’ necessaria la partecipazione di tutti.
Autore Virginiano Spiniello, su Il Cambiamento
Perché il Calore Lucano è in secca?
Da oltre trent’anni il Calore Lucano è in secca durante tutto il periodo estivo, per circa quattro mesi. La sorgente del fiume – oltre 80 litri al secondo – viene captata interamente dal Consorzio Acquedotto Calore Lucano che ne distribuisce, però, circa 46 litri. Non si capisce l’acqua non captata dove vada a finire, visto che hanno anche costruito, di recente, una nuova conduttura. In una zona superprotetta si disattende alle normative ambientali prosciugando le sorgenti con gravi danni all’ecosistema fluviale del Cilento interno.
Con quali conseguenze?
Gli abitanti di Piaggine,Valle dell’Angelo,Campora, Laurino, Magliano Vetere, Felitto e Castel San Lorenzo subiscono non solo un danno ambientale, ma anche economico: il turismo naturalistico è una concreta realtà per il Cilento interno. Sono a rischio le attività stagionali e gli allevatori e agricoltori hanno seri problemi. Inoltre, il fenomeno potrebbe evolversi e diventare un problema sanitario, visto che, a valle di Piaggine, i depuratori non funzionano e, non essendoci acqua in abbondanza per diluire i batteri, c’è il rischio di malattie come la salmonella. L’ecosistema fluviale è fragilissimo e il patrimonio florofaunistico del Parco del Cilento non può essere compromesso. Abbiamo ancora un animale simbolo come la lontra. E’ un bene da tutelare.
Voi cosa proponete?
Si deve studiare bene quale è il deflusso minimo vitale, così come normato nel decreto legislativo 156 del 3 aprile 2006, il Codice dell’Ambiente. Bisogna, cioè, individuare quale è la quantità minima di acqua necessaria alla vita del fiume che non può essere captata e, poi, rilasciarla. Le soluzioni ci sarebbero. Si potrebbe creare un sistema di chiuse piccole, con traverse e piccoli invasi che permetterebbero di gestire la risorsa idrica nei periodi di magra e salvare la vita del fiume. L’altra soluzione è prelevare l’acqua dalla nuova diga dell’Alento che è in grado di alimentare tutto il bacino a valle comprendente Agropoli e i comuni che poi vengono alimentati dal Calore Lucano. La diga è stata realizzata per far fronte alle emergenze idriche su tutta la costa del Cilento, ma è stata utilizzata per un solo giorno l’anno scorso.
Come contate di organizzarvi sul territorio?
L’iniziativa della petizione è partita agli inizi di settembre e, attualmente, stiamo costituendo una libera associazione “Vivalcalore”, non connotata politicamente, che aggregherà tutta la Valle del Calore Lucano ed i territori limitrofi ed avrà un referente per ogni comune. Ci occuperemo del deflusso minimo vitale e di tutta una serie di diritti ambientali violati nelle nostre aree. Dobbiamo salvaguardare una risorsa naturalistica strategica nel cuore dell’incantevole Parco del Cilento. E’ necessaria la partecipazione di tutti.
Autore Virginiano Spiniello, su Il Cambiamento